Scrittore

Michea

Tema

La giustizia e il giudizio; la misericordia e la salvezza

Datazione del testo

ca. 740–710 a.C.

Contesto

Il profeta Michea veniva dalla piccola città di Moreset-Gat (1:14) nel sud di Giuda, una zona agricola fertile a circa 40 chilometri a sud-ovest di Gerusalemme. Veniva dalla campagna e probabilmente da una famiglia di condizioni umili, come il profeta Amos. Mentre il profeta Isaia a Gerusalemme parlava al re di relazioni internazionali, Michea era un profeta molto sensibile alle questioni sociali che riguardavano le piccole città e i villaggi di Giuda. Michea contrastava il comportamento vizioso dei governanti corrotti, dei falsi profeti, dei sacerdoti sviati, dei commercianti disonesti e dei giudici iniqui. Predicava contro l’ingiustizia e l’oppressione perpetuate nei confronti dei più deboli, e contro l’avidità, l’immoralità e l’idolatria che dilagavano nella nazione. Preannunciava dure conseguenze se il popolo e gli anziani avessero continuato ad agire con tro la volontà di Dio. Michea profetizzava la caduta di Israele e la distruzione della sua capitale Samaria (1:6, 7), nonché la totale sconfitta di Giuda e Gerusalemme (1:9-16; 3:9-12). Il ministerio profetico di Michea si svolse durante i regni di tre re di Giuda: Iotam (751–736 a.C.), Acaz (736–716 a.C.) ed Ezechia (716–687 a.C.). Benché alcune profezie di Michea fossero state pronunciate ai tempi del re Ezechia (cfr. Gr 26:18), la maggior parte di esse rispecchia la condizione corrotta di Giuda durante i regni di Iotam e Acaz, prima delle riforme di Ezechia. Il ministerio di Amos e di Isaia probabilmente contribuì a ispirare il risveglio e le riforme spirituali attuate dopo l’inizio del regno del fedele re Ezechia (2R 18; 2Cr 29–31).

Scopo

Michea scrisse per:

(1) avvertire la propria nazione della certezza del giudizio di Dio;

(2) denunciare particolari peccati che il Signore detestava;

(3) sintetizzare il messaggio profetico di Dio per Samaria (al Nord) e Gerusalemme (al Sud).

Michea preannunciò la caduta di Israele, avvenuta nel 722 a.C., e profetizzò che una simile devastazione sarebbe giunta anche per Giuda e Gerusalemme a causa del peccato dilagante tra il popolo. Il libro di Michea permise di conservare il messaggio di Dio per le ultime generazioni di Giuda, prima dell’invasione dei Babilonesi. Dà, inoltre, un contributo importante alla rivelazione complessiva dell’Antico Testamento circa la venuta del Messia (“l’Unto”, il Salvatore, il Cristo).

Sommario

Il libro di Michea ha un triplice messaggio:

(1) riporta le accuse di Dio contro Samaria (capitale di Israele) e Gerusalemme (capitale di Giuda) per trasgressioni specifiche, tra cui l’idolatria (l’adorazione di falsi dèi o di ciò che si sostituisce al vero Dio), l’orgoglio, l’oppressione dei poveri, la corruzione dei governanti, l’avido materialismo, l’immoralità e le inutili pratiche religiose;

(2) avverte che il giudizio di Dio si concretizzerà a causa di questi peccati;

(3) promette che la vera pace, la giustizia (vivere in un giusto rapporto con il Signore e il prossimo) e l’equità prevarranno nel futuro, quando regnerà il Messia.

La stessa attenzione è dedicata a ciascuno di questi argomenti nel libro. Un altro modo per affrontare il contenuto del libro è considerarlo per le sue sezioni. I capp. 1–3 riportano i motivi scatenanti del futuro giudizio su Israele e Giuda, compresa la corruzione tra i governanti e i falsi profeti. Le capitali rischiavano un futuro particolarmente cupo, perché avrebbero ricevuto la punizione più severa. I capp. 4 e 5 offrono speranza e consolazione a chi era rimasto fedele al Signore, che sarebbe sopravvissuto a tutto questo. Un giorno i loro discendenti e quanti altri avrebbero servito Dio fedelmente, avrebbero altresì visto il sorgere del regno di Dio sulla terra, in cui l’idolatria e l’oppressione sarebbero state eliminate. I capp. 6 e 7 espongono la rimostranza del Signore contro il Suo popolo, paragonata alla scena di un avvocato che presenta le accuse contro Israele in tribunale. Segue la confessione di colpevolezza di Israele, una preghiera e la promessa profetica. Michea termina con un gioco di parole (usato in modo da avere un duplice significato) sul senso del suo stesso nome: “Quale Dio è come te?” (7:18). Risposta: soltanto il Signore è misericordioso e può pronunciare la sentenza: “Perdonato” (7:18-20).