Scrittore

Anonimo

Tema

Il patto migliore e la superiorità di Cristo

Datazione del testo

67–69 d.C. (incerto)

Contesto

La destinazione di questa lettera è incerta, sebbene Roma sia una possibilità plausibile. Il titolo di questo libro nei manoscritti greci più antichi è semplicemente “Agli Ebrei”. In ogni caso, il suo contenuto rivela che la lettera fu scritta a credenti di origine ebraica. Il fatto che lo scrittore utilizzi la versione Septuaginta (la traduzione greca dell’Antico Testamento) quando cita dall’Antico Testamento, lascia intendere che i lettori (o chi ne avrebbe ascoltato la lettura) erano probabilmente Ebrei di lingua greca che vivevano fuori dalla Palestina.

La frase: “Quelli d’Italia vi salutano” (13:24), significa probabilmente che lo scrittore scriveva a Roma e mandava dei saluti da parte di credenti italiani che vivevano lontano dalla loro patria. I destinatari della lettera erano forse membri di diverse chiese familiari (gruppi di credenti che s’incontravano in varie case per l’adorazione e la comunione fraterna) nell’ambito più ampio della chiesa nella città di Roma. Sembra che alcune di queste persone fossero sul punto di abbandonare la loro fede in Gesù a causa della persecuzione e dello scoraggiamento. Altri erano tentati di ritornare al giudaismo (alle pratiche religiose, la cultura e i costumi ebraici) e, quindi, di trovare una scusa per imporre certe norme dell’Antico Patto nel cristianesimo.

Lo scrittore agli Ebrei non è indicato né nel titolo originale né nel libro stesso, sebbene fosse ben conosciuto dai suoi lettori (13:18-24). Per qualche motivo la sua identità fu persa entro la fine del primo secolo. Di conseguenza, nella tradizione della chiesa (dal secondo al quarto secolo) si sono avvicendate varie opinioni su chi fosse lo scrittore della lettera agli Ebrei: Paolo, un collaboratore dell’apostolo, Apollo, Barnaba oppure uno scrittore sconosciuto.

L’opinione che Paolo avesse scritto Ebrei divenne l’ipotesi comunemente più accettata soltanto a partire dal quinto secolo. Per secoli la maggior parte degli studiosi della Bibbia hanno riconosciuto che Paolo non sarebbe potuto esserne lo scrittore. Ebrei non contiene alcuna discordanza o contraddizione con l’insegnamento di Paolo nelle lettere del Nuovo Testamento eppure, lo stile usato dallo scrittore è decisamente diverso, in questo caso, adopera un greco classico molto raffinato. Il testo di Ebrei è unico nella sua dipendenza dalla Septuaginta (la traduzione greca dell’Antico Testamento), nonché nel modo in cui introduce le citazioni dall’Antico Testamento, il metodo e la struttura delle sue discussioni e degli insegnamenti, e per il fatto che non contiene l’identificazione personale che si trova comunemente nelle lettere di Paolo. Inoltre, mentre Paolo fa sempre riferimento alla rivelazione ricevuta direttamente da Cristo (cfr. Ga 1:11, 12), questo scrittore si colloca tra i credenti di seconda generazione, a cui il messaggio di Cristo fu confermato dai testimoni oculari del ministerio di Gesù (2:3).

Qualcuno ha proposto che Barnaba avrebbe potuto scrivere la lettera. Era un cristiano colto di origine ebraica, della tribù sacerdotale di Levi (At 4:36), ed era stato uno stretto collaboratore di Paolo, incaricato dalla chiesa di Antiochia per il primo viaggio missionario (At 13:1-4).

Tra gli uomini menzionati per nome nel Nuovo Testamento la descrizione di Apollo, fornita da Luca in At 18:24-28, potrebbe meglio corrispondere al profilo dello scrittore agli Ebrei. Apollo era Alessandrino di nascita e cristiano di origine ebraica con notevoli doti intellettuali e di comunicazione. Egli fu pure associato a Paolo nei primi anni della chiesa di Corinto (1Co 1:12; 3:4-6, 22). A prescindere da chi fosse lo scrittore di questa lettera, una cosa è certa: scrisse con la visione, l’autorità e la rivelazione di una persona guidata dallo Spirito Santo. L’assenza di un riferimento alla distruzione del tempio di Gerusalemme e del sistema levitico dei sacrifici suggerisce che fu redatta prima del 70 d.C.

Scopo

Molto probabilmente, Ebrei fu scritta principalmente a cristiani di origine ebraica che subivano la persecuzione e stavano sperimentando una fase di scoraggiamento.

Lo scrittore mira a fortificare la loro fede in Gesù Cristo, spiegando con cura che Cristo è la piena e conclusiva rivelazione di Dio – il mezzo completo e finale di redenzione. Dimostra che i requisiti per mantenere un rapporto con Dio sotto l’Antico Patto (prima di Cristo) sono stati adempiuti e sostituiti da Gesù, che ha stabilito un Nuovo Patto attraverso la Sua morte, mediante la quale ha provveduto il perdono.

Lo scrittore esorta i suoi lettori:

(1) a mantenere la loro fede in Cristo fino alla fine;

(2) a crescere nella maturità spirituale;

(3) a non condannarsi tornando indietro alla loro vetusta forma di religione o al loro modo di vivere precedente.

Sommario

Ebrei sembra più un sermone che una lettera. Lo scrittore definisce la lettera una “parola di esortazione” (13:22). Un’esortazione, è un appello urgente – una sfida, un incoraggiamento o un avvertimento – a fare ciò che è giusto e a seguire la volontà di Dio. Lo scrittore indica come le norme e il cerimoniale dell’Antico Patto fossero intesi come provvisori. Questi comprendevano i sacrifici di animali, il tabernacolo, il sacerdozio, il giorno delle espiazioni … Queste cose sono state adempiute e sostituite da Dio per mezzo di Suo Figlio Gesù Cristo. Egli ha stabilito un Nuovo Patto, basato sulla Sua vita e sul Suo sacrificio, convalidato con il Suo sangue. Le disposizioni di questo patto superano notevolmente il precedente, rendendo obsolete e superate le vecchie regole cerimoniali. Gesù ha provveduto il mezzo completo e perfetto per il perdono, ristabilendo le persone nel giusto rapporto con Dio, se accettano quel perdono e cedono il controllo della loro vita al Signore.

Ebrei ha tre sezioni principali.

(1) Nella prima sezione, Gesù è presentato come il potente Figlio di Dio (1:1-3), la piena e completa rivelazione di Dio all’umanità – più grande dei profeti (1:1-3), degli angeli (1:4–2:18), di Mosè il legislatore (3:1-6), di Giosuè il conquistatore (4:1-11). Questa sezione contiene dei seri avvertimenti circa le conseguenze del trascurare la salvezza, dell’allontanarsi dalla fede in Cristo o dell’indurire il proprio cuore con la ribellione e l’incredulità verso Dio (2:1-3; 3:7–4:2).

(2) La seconda sezione presenta Gesù come il Sommo Sacerdote (vd. prossimo paragrafo), le cui qualifiche (4:14–5:10; 6:19–7:25), carattere (7:26-28) e ministerio (8:1–10:18) superano di gran lunga ogni aspetto del sacerdozio levitico dell’Antico Testamento. Come supremo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù offrì il sacrificio perfetto – la Sua stessa vita – per pagare la pena completa per le trasgressioni dell’umanità contro Dio. A differenza del cerimoniale e dei sacrifici dell’Antico Testamento che si dovevano ripetere continuamente, l’opera di Gesù è completa, perfetta ed eterna (10:1-18). Questa sezione mette in guardia i credenti a non rimanere spiritualmente immaturi e a non “scadere” dalla fede dopo aver sperimentato la comunione personale con Cristo (5:11–6:12).

(3) La sezione finale (10:19–13:17) esorta e incoraggia in modo deciso i credenti a perseverare nella salvezza, nella fede, nella sofferenza e nella crescita del carattere cristiano.

 

Gesù come Sommo Sacerdote del credente – che rappresenta gli uomini davanti al Signore e Dio davanti agli uomini – è il tema centrale di Ebrei (cfr. 4:14-16).

(1) Gesù esercita un sacerdozio migliore. Il modo in cui serve da sacerdote è infinitamente superiore a quello di Aaronne (fratello di Mosè e primo sommo sacerdote israelita), nell’Antico Testamento Gesù è rassomigliato a Melchisedec (5:1–7:28), il re dell’antica Salem (7:1), che ricoprì il duplice ufficio di re e sacerdote. Nella comunità israelita dell’Antico Testamento questi due uffici dovevano essere mantenuti separati e distinti, ma in Gesù sono congiunti, perché Egli è il supremo Sacerdote e Re. In questo modo, Melchisedec era un simbolo di Cristo (vd. note 7:1, 3).

(2) Gesù serve come nostro Sommo Sacerdote sotto un patto migliore, basato sulla grazia di Dio piuttosto che sulla legge (8:1-13).

(3) Gesù ministra come nostro Sommo Sacerdote in un santuario migliore – in Cielo – dove intercede per noi (7:25) e provvede l’accesso al “trono della grazia” di Dio (4:16).

(4) Gesù provvede un migliore sacrificio per il peccato attraverso lo spargimento del Suo sangue (9:13–10:18, vd. sopra; vd. nota Ro 3:25).

 

Un aspetto importante di Ebrei sono gli avvertimenti pastorali (cfr. 2:1-4; 3:7-19; 5:11–6:3; 6:4- 20; 10:26-31; 12:15-17; 12:25-29). Piuttosto che essere pensieri isolati nella presentazione globale, questi avvertimenti sono intrecciati con il messaggio complessivo della lettera. Avvertono della possibilità dell’apostasia individuale, che significa abbandonare o scadere dalla fede in Cristo. Sebbene lo scrittore presenti la possibilità che i cristiani possano rinnegare la loro fede sincera in Cristo e perdere così la loro salvezza spirituale, il suo scopo è ispirare tali credenti a rimanere fedeli al Signore. Li esorta a perseverare con la ferma fiducia in Gesù, anche nei momenti di profondo scoraggiamento o di severa persecuzione.