Scrittore

Geremia

Tema

Dolore presente e speranza futura

Datazione del testo

586–585 a.C.

Contesto

Il titolo di questo libro deriva dal sottotitolo nelle versioni greche e latine dell’Antico Testamento: “Le Lamentazioni di Geremia”. L’Antico Testamento ebraico inserisce il libro in uno dei cinque rotoli (assieme a Rut, Ester, Ecclesiaste e Cantico dei Cantici) della terza sezione della Bibbia chiamata gli Hagiographa, gli “Scritti Sacri”. Ognuno di questi cinque libri si leggeva solitamente per contraddistinguere un particolare avvenimento nel calendario ebraico. Fu stabilito di leggere Lamentazioni il nono giorno del mese di Abib (circa metà luglio), quando gli Ebrei commemoravano la distruzione di Gerusalemme. La Septuaginta (la traduzione greca dell’Antico Testamento ebraico) collocava Lamentazioni subito dopo il profeta Geremia, dove si trova nella maggior parte delle Bibbie oggi.

Tradizioni sia ebraiche sia cristiane hanno da molto tempo ritenuto che Geremia sia lo scrittore di Lamentazioni. Molte sono le prove a sostegno di questa tesi:

(1) Da 2Cr 35:25 sappiamo che Geremia componeva lamenti (cioè poesie o canti di dolore, afflizione, cordoglio o rimpianto). Il libro profetico di Geremia riporta spesso che egli piangeva per l’imminente distruzione di Gerusalemme (vd. Gr 7:29; 8:21; 9:1, 10, 20).

(2) Il libro delle Lamentazioni narra la caduta di Gerusalemme molto chiaramente, dal punto di vista di un testimone oculare. Geremia è l’unico scrittore dell’Antico Testamento conosciuto per aver assistito di persona alla caduta di Gerusalemme nel 586 a.C.

(3) Ci sono vari paralleli, o similarità, di temi e linguaggio tra i libri di Geremia e Lamentazioni. Per esempio, entrambi i libri affermano che la sofferenza di Giuda e la distruzione di Gerusalemme furono una conseguenza diretta del peccato e della ribellione del popolo contro

Dio. In entrambi i libri, Geremia chiama il popolo di Dio la sua “vergine figlia” (Gr 14:17; 18:13; La 1:15; 2:13). Questi fatti, unitamente alle similarità dello stile poetico di entrambi i libri, confermano lo stesso scrittore (vd. introduzione a Geremia per un approfondimento sulla caduta del regno di Giuda e sulla distruzione della sua capitale, Gerusalemme).

(4) Poiché lo scrittore descrive la rovina di Gerusalemme con dovizia di particolari, gli eventi appaiono occorsi molto recentemente, e i ricordi sono ancora ben chiari. Geremia aveva più di cinquant’anni quando la città fu conquistata, vivendo tutta la drammaticità della situazione. In seguito fu obbligato dai reduci giudei ad andare in Egitto nel 585 a.C. (vd. Gr 41–44), dove morì (forse come martire) durante il decennio seguente. Per questi motivi, il libro fu molto probabilmente scritto subito dopo la distruzione di Gerusalemme (ca. 586–585 a.C.).

Scopo

Geremia scrisse una serie di lamenti (cioè poesie o canti di dolore, cordoglio o rimpianto) per esprimere la profonda tristezza che provò per la distruzione di Gerusalemme. La conquista di questa città, una volta tanto popolosa, fu una tragedia tremenda per diversi motivi, fra cui:

(1) la sconfitta umiliante della monarchia e del regno davidico (cioè la linea, in precedenza ininterrotta, di re discendenti da Davide);

(2) la completa distruzione delle mura, del tempio, del palazzo reale e della struttura complessiva della città;

(3) lo straziante esilio della maggior parte dei sopravvissuti nella lontana Babilonia. Un appunto introduttivo nella Septuaginta (la traduzione greca dell’Antico Testamento ebraico) e nelle versioni della Vulgata in latino riportano che “Geremia si sedette e si lamentò con questa lamentazione su Gerusalemme”. In tutto il libro il profeta dà sfogo al suo dolore come se soffrisse la morte tragica di un parente stretto o di una persona cara. I lamenti in questo libro spiegano che la tragedia era dovuta al giudizio di Dio su Giuda, causato da secoli di ribellione contro di Lui da parte del popolo e dei suoi capi. Geremia rileva che il Signore è giusto in tutto quello che ha sempre fatto in relazione al Suo popolo. Il profeta inoltre evidenzia come Dio sia misericordioso e pietoso verso chi pone fede e speranza in Lui (3:22, 23, 32). Benché il Signore fosse dolorosamente in silenzio nei confronti delle grida disperate espresse in questo libro, c’era ancora speranza se il popolo di Dio avesse guardato oltre il giudizio che stava vivendo, verso la restaurazione che il Signore gli avrebbe dato in futuro.

Sommario

Il libro è una serie di cinque lamenti, ciascuno scritto come un’opera a parte. Il primo (cap. 1) descrive la distruzione di Gerusalemme e il dolore del profeta espresso come grida d’angoscia a Dio. Questo lamento è talvolta personificato (cioè espresso, descritto o rappresentato con tratti umani) come il lamento di Gerusalemme (1:12-22). Nel suo secondo lamento (cap. 2), Geremia descrive il giudizio di Dio nei confronti del Suo popolo ribelle, che rifiutava di ravvedersi. Il nemico di Giuda (cioè Babilonia) era lo strumento del giudizio divino. Il terzo lamento (cap. 3) esorta la nazione a ricordare che il Signore è misericordioso e fedele e che è buono verso tutti quelli che mantengono la loro fiducia e speranza in Lui. Il quarto lamento (cap. 4) ripete con parole diverse i temi dei primi tre. I riferimenti a Sion in tutto il libro (cfr. 1:4) sono un altro modo per descrivere Gerusalemme. Sion era il nome di un’antica fortezza gebusea che faceva parte della città conquistata dal re Davide (2S 5:6, 7). In seguito, “Sion” fu il nome dato alla parte della città dove si ergeva la roccaforte. Era probabilmente il luogo dove fu temporaneamente custodita l’arca del patto, in una particolare tenda. Quando fu costruito il tempio di Salomone, il termine “Sion” indicava anche il luogo dove era stato eretto il tempio, diventando così un riferimento generale alla “dimora di Dio” (Sl 9:11; 74:2; Gl 3:21). A volte “Sion” può riferirsi a Gerusalemme rinnovata e restaurata, in cui Cristo regnerà sulla Terra alla fine dei tempi (Is 52:8; 62:1-12) e alla città celeste eterna di Dio. Nel lamento conclusivo (cap. 5), dopo aver confessato il peccato di Giuda e il bisogno di clemenza, Geremia intercede con Dio affinché ristabilisca il Suo popolo in una condizione di dignità e di favore.

I cinque lamenti del libro, che corrispondono ai suoi cinque capitoli, hanno ciascuno 22 versetti (tranne il cap. 3 che ne ha 3 volte 22, ossia 66 versetti). Il numero 22 corrisponde al numero delle lettere dell’alfabeto ebraico. I primi quattro lamenti sono acrostici alfabetici, cioè significa che ogni versetto (nel cap. 3 ogni tre versetti) inizia con una lettera diversa dell’alfabeto ebraico, cominciando con la prima lettera (alef) e terminando con l’ultima lettera (tav). Questa struttura, oltre a essere un ausilio per permettere a chi ascolta di memorizzare questi versetti:

(1) comunica l’idea che i lamenti sono completi, affrontando ogni cosa dalla A alla Z (ebr. da alef a tav);

(2) mantiene i lamenti all’interno di tale struttura e impedisce al profeta di andare avanti all’infinito con il pianto e la disperazione. Dimostra, di fatto, che c’è una fine e un limite al dolore e al cordoglio, proprio come un giorno ci sarebbe stata la fine dell’esilio e la ricostruzione di Gerusalemme (vd. introduzione a Esdra e Neemia per alcuni accenni circa il ritorno dall’esilio babilonese).