Scrittore
Paolo
Tema
La riconciliazione fraterna e la buona testimonianza
Datazione del testo
ca. 62 d.C.
Contesto
Paolo scrive questa “lettera dal carcere” (vv. 1, 9) come una richiesta personale a un credente di nome Filemone. Molto probabilmente la lettera fu scritta durante la prima prigionia di Paolo a Roma (At 28:16-31). I nomi identici, menzionati in Filemone (vv. 1, 2, 10, 23, 24) e Colossesi (Cl 4:9, 10, 12, 14, 17) indicano che Filemone viveva a Colosse e che entrambe le lettere furono scritte e consegnate nello stesso periodo.
Questa lettera riguarda due uomini: Filemone, un padrone di schiavi (v. 16; vd. note Cl 3:22 e Tt 2:10 sugli schiavi) e membro della chiesa di Colosse (cfr. vv. 1, 2 con Cl 4:17), che Paolo ha condotto alla fede in Cristo (v. 19), e Onesimo, uno schiavo di Filemone, probabilmente fuggito a Roma in cerca della libertà. Mentre era a Roma, Onesimo venne a contatto con l’Evangelo, annunciato da Paolo, e condotto a Cristo. In seguito, si sviluppò un forte legame di amicizia tra l’apostolo e Onesimo (vv. 9-13). Paolo ora, con riluttanza, rimanda Onesimo, insieme a Tichico, collaboratore di Paolo, da Filemone. Tichico consegna personalmente questa lettera di appello, breve ma incisiva, a Filemone (cfr. Cl 4:7-9).
Scopo
Paolo scrive l’epistola a Filemone per affrontare la questione specifica del suo schiavo fuggitivo, Onesimo. Secondo la legge romana, uno schiavo fuggitivo poteva essere punito con la morte. Paolo intercede a favore di Onesimo e chiede a Filemone di riaccogliere con misericordia il suo servitore come un fratello in fede e come compagno di Paolo. L’apostolo chiede a Filemone di mostrare a Onesimo lo stesso amore e considerazione che avrebbe mostrato a Paolo stesso.
Sommario
Questa lettera è concepita con molto tatto, con una struttura che assomiglia allo stile di scrittura insegnato da molti antichi maestri greci e romani: creare un buon rapporto (vv. 4-10), convincere la mente (vv. 11-19) e toccare i sentimenti (vv. 20, 21).
L’appello (la supplica, la richiesta) di Paolo a Filemone:
1) indirizza la sua supplica a Filemone come un fratello nella fede (vv. 8, 9, 20, 21), chiedendogli di accogliere nuovamente Onesimo non come schiavo ma come un fratello in Cristo (vv. 15, 16);
(2) con un gioco di parole, Paolo fa capire che Onesimo (il cui nome significa “utile”) era in precedenza “inutile”, ma ora è davvero “utile” sia a Paolo sia a Filemone (vv. 10-12);
(3) Paolo avrebbe voluto che Onesimo rimanesse con lui a Roma per aiutarlo in modo pratico mentre era in prigione, ma si sente obbligato a rimandarlo dal suo legittimo padrone (vv. 13, 14);
(4) Paolo si offre come debitore per qualsiasi perdita dovuta alla probabile fuga di Onesimo e ricorda a Filemone che egli è in debito verso Paolo in senso spirituale (vv. 17-19). La lettera termina con i saluti da parte di altri collaboratori di Paolo a Roma (vv. 23, 24) e con una benedizione (v. 25).